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Sito Web Ufficiale di Elisabetta Chicco Vitzizzai

LA FORMAZIONE

Felice Casorati, L'Allievo (Ritratto del pittore Chicco), 1930, Boston, Museum of Fine Arts. Riccardo Chicco nasce il 25 maggio 1910, nel segno zodiacale dei Gemelli, che promette intelligenza e destrezza, esprit de finesse e creatività ma anche una discreta dose di vanità e di civetteria.
Gli auspici sono buoni ma la realtà che incontra, appena affacciato alla vita, è crudele: a quindici mesi è colpito da una grave infermità all’anca che lo costringe a lunghi anni di immobilità.
Resterà per tutta la vita claudicante.
La malattia lo spinge però precocemente verso il disegno per alleviare il tedio di quelle lunghe giornate di bambino malato. Una passione che non lo abbandonerà più.
A 18 anni entra a far parte della scuola di Felice Casorati. Ma da sei il desiderio di pittura, vivo in lui fin dall’infanzia, ha iniziato a tradursi in impegno di studio: prima alla scuola tradizionale del paesaggista e ritrattista Vittorio Cavalleri, poi, dai quindici ai diciotto anni, a quella molto più stimolante di Giovanni Grande, dove si applica soprattutto al nudo e alla figura. Grande è un ritrattista acuto e uno spirito inquieto che si muove con totale libertà fuori dell’ambito dell’insegnamento accademico, sperimentando i più diversi modi stilistici. Un artista oggi ingiustamente dimenticato ma verso il quale Chicco ha sempre riconosciuto il proprio debito.
La copertina di Riccardo Chicco per il catalogo della mostra di Felice Casorati Nello studio di Casorati resterà tre anni, incontrandovi accanto ai veterani come Daphne Maugham e Nella Marchesini, i giovani, coetanei o quasi: Cremona, Bonfantini, Avondo, Galvano, Martina, Paola Levi Montalcini. In occasione della mostra della sua scuola, Casorati affida a Chicco la copertina del catalogo. E’ un periodo di fervide amicizie (Spazzapan, Cino Bozzetti, Velso Mucci, Mino Maccari) e di accese discussioni, passo a passo sotto i portici, nella profondità notturna della città di ora in ora più deserta. Si parla della Condition humaine e del Voyage au bout de la nuit, di Gide, di Cocteau, di Joyce, il cui Ulysses è conosciuto attraverso la traduzione di alcuni brani pubblicati sulla rivista “Convegno”, fino a che i tram riprendono a sferragliare nella prima nebbiolina dell’alba.
Nel 1931 Chicco esordisce alla Società Promotrice delle Belle Arti. Ora Torino gli sembra troppo piccola e chiusa. Altro ci vuole: Parigi, Londra, Monaco. Viaggia molto, in Italia e all’estero. Da Londra torna con un amore sviscerato per Turner, “l’ultimo pittore”, come scriverà molti anni più tardi, ritrovandolo alla Biennale veneziana. All’Alte Pinakothek di Monaco studia Rubens, i fiamminghi, i veneti del Cinque-Sei-Settecento. A Parigi frequenta la scuola di copia del Louvre e scopre dal vivo Cézanne, Van Gogh, Matisse, Dufy, Ensor.
Ma di contro al classicismo monocromatico di Casorati, Chicco è già portatore di un Théo, cameriere del Ritz, olio 1938 istintivo espressionismo che matura presto al contatto diretto con i pittori d’oltralpe, espressionisti e fauvisti.
E’ la scoperta del colore, di un uso esplosivo del colore, di un “colore che canta”, “che si scapriccia”.
Ritratti, autoritratti, e anche caricature, rivelano la profondità del suo sguardo, la sua capacità di intuizione psicologica, nello scrutare, analizzare, forzare –anche fino alla deformazione grottesca– le fisionomie dei ritrattati.
E questo suo guardare a fondo e svelare il segreto di un volto è tuttavia anche un atto profondamente erotico, seppure di un erotismo spiritualizzato: è denudare un'anima, è un sedurre e possedere.

Copyright© Elisabetta Chicco Vitzizzai
 

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